Il focus delle cure palliative è sul controllo dei sintomi e delle conseguenze psicologiche, sociali e spirituali della malattia per il raggiungimento della miglior qualità di vita possibile per i pazienti e per le loro famiglie. Trattandosi di una disciplina che vede il paziente come un “tutto” che esprime bisogni su diversi piani (biologico, psicologico, esistenziale) è naturale che la medicina palliativa consideri tra gli strumenti terapeutici quegli approcci integrativi che comprendano il rapporto mente-corpo. Da questo punto di vista l’ipnosi, oltre a poter controllare i sintomi della malattia, può aiutare a gestire gli effetti collaterali dei trattamenti che, specie in patologie come il cancro, possono diventare molto invalidanti (es. vomito, nausea, rifiuto del cibo). Sul piano psicologico, l’ipnosi può contribuire a controllare l’ansia, la depressione ed i sentimenti di rabbia, colpa, frustrazione ed isolamento tipici di queste condizioni. Inoltre, favorisce il miglioramento dell’autostima, il coinvolgimento attivo della persona nel progetto di cura e la riacquisizione di controllo, per quanto possibile, sulla propria vita con un recupero delle proprie forze residue. (Peynovska R., Fox P.A.)

il massimo beneficio, dall’utilizzo di tale pratica, si ha quando un operatore esperto aiuta il paziente a sviluppare le sue abilità di autoipnosirendendolo capace di ricreare quelle suggestioni apprese che gli hanno dato benessere emotivo e/o migliore controllo sui sintomi legati alla malattia o alle terapie che assume.   

Attraverso il comando post ipnotico il paziente, da solo, quando ha bisogno di controllare il dolore o la nausea o il respiro difficile o ha bisogno di sedare o almeno rendere più tollerabili l’ansia, la paura della malattia, può utilizzare l’autoipnosi come una strategia concreta che gli consente, di affrontare e superare, o almeno rendere più sopportabile, la sua condizione.

Un case report:

Felice è un paziente di 67 anni, operato per un tumore al colon e con una voluminosa recidiva nel muscolo ileopsoas. Felice riferisce dolore in sede sacroiliaca che si irradia all’inguine fino al ginocchio della gamba sinistra; riposa supino con un cuscino sotto la gamba sinistra e sul fianco sinistro a gamba flessa. Il dolore è ben controllato dalla terapia farmacologica in atto, ma ciò che preoccupa e disturba maggiormente Felice, sono l’ansia in generale e gli episodi di agitazione e panico che spesso lo colgono durante la giornata e soprattutto di notte quando dorme o tenta di dormire e che lui controlla con gocce di bromazepam.

A Felice viene proposto dal medico algologo di imparare a gestire l’ansia attraverso l’autoipnosi.

 Nel primo incontro, l’infermiera esperta in comunicazione ipnotica, lascia ampio spazio alle domande di Felice per dissipare i suoi pregiudizi sull’ipnosi e i dubbi sull’utilità di tale pratica che non aveva osato esternare al medico. Tranquillizzato e convinto della possibilità di poter controllare il suo stato d’ansia, chiedo a  Felice di descrivermi la sua ansia, come la sente, a cosa può paragonarla, quando  si presenta.

Quindi chiedo a Felice di mettersi comodo sul lettino dell’ambulatorio, fornendogli anche un cuscino per la gamba sinistra, di concentrarsi sul suo respiro, di sentire bene l’aria che entra nelle narici e di sentire bene quando esce. La prima richiesta a Felice è, quindi, quella di focalizzare la sua attenzione sul respiro ponendo, anche, la mia mano sullo sterno per aumentare la sua consapevolezza che mentre il torace si alza e si abbassa può accorgersi che i muscoli di tutto il corpo si stanno abbandonando piacevolmente.  Felice chiude gli occhi, dopo una serie di passaggi di ricalco e guida, e di ratifica perché Felice si renda consapevole che qualcosa è cambiato in lui, gli chiedo di portare la sua mente in una condizione di benessere per lui, in un posto assolutamente il più bello, piacevole, sicuro, tranquillo per lui dove tutto è perfetto, dove sta davvero bene. Rinforzo, infine, la sua autostima e la sua potenzialità dandogli il segnale postipnotico, che gli permetterà di ritornare ogniqualvolta ne avrà bisogno in quella particolare condizione.  Dopo il riorientamento, chiedo a Felice come si sente. Mi risponde che si sente bene, gli è sembrato proprio di essere in quella montagna che lui ama tanto; si sente più tranquillo di quando è arrivato. Allora gli propongo di ritornare da solo in quella condizione così piacevole, perché basta che chiuda gli occhi, metta la mano sulla pancia per ritrovare quel benessere. Felice riesce  a ritornare autonomamente in trance e a riprovare quella piacevole sensazione di pace e tranquillità che aveva provato precedentemente.

Felice ritorna dopo un mese alla visita di controllo e riferisce di aver utilizzato più volte l’autoipnosi per l’ansia con beneficio sia sull’intensità, sia sulla frequenza con un miglioramento della qualità del sonno. Inoltre, ha potuto diminuire anche il fabbisogno del bromazepan, perché riesce a sedare l’ansia con la sola autoipnosi o con dosaggi minori. Felice ritorna dopo 15 giorni per un’altro incontro per rinforzare le sue capacità di autoipnosi  e in questa occasione l’operatore lavora anche sulla contrattura e il dolore alla gamba sinistra che lui percepisce come un grande peso, con una suggestione di tanti palloncini legati lungo tutta la sua gamba che la sollevano e la rendono leggera, leggera… Riorientato, Felice riferisce di sentirsi bene, di aver visualizzato i palloncini che rendevano la sua gamba piacevolmente leggera (“mi sembrava di non averla”) e il suo luogo sicuro di cui ormai non può fare a meno.

L’autoipnosi si è dimostrata, pertanto, una strategia concreta che permette alla persona, di affrontare e superare, o almeno rendere più sopportabile, certi sintomi o la sua condizione quando rimane solo e la sofferenza sembra divenire invincibile.

M. Marina Torresan